Colonna Traiana del 113dc Roma |
Ed è proprio per la conoscenza, nel tempo e del tempo, che i Senatori Romani già nel 1162, si preoccuparono della Colonna Traiana del 113dc e così decretarono: “Per salvaguardare l’onore pubblico della Città di Roma, la Colonna non dovrà mai essere danneggiata ne abbattuta, dovrà restare così in eterno, finché il mondo duri. Se qualcuno attenterà alla sua integrità sarà condannato a morte…”. Oggi, la Colonna Traiana e l’onore pubblico della Città di Roma, dopo quasi duemila anni, sono intatti. Potrebbe invece preoccuparci l’idea che in futuro, qualcuno possa decidere di spostarla, infondo nel decreto non si vieta il trasporto.
David, Michelangelo 1501-04 marmo h434cm compresa la base. |
Altro esempio di legame tra monumenti, identità civica e identificazione emotiva dei cittadini, si ha con il David di Michelangelo per Firenze. Si narra infatti che i fiorentini, vedendo in esso la raffigurazione simbolica della forza della loro città e del suo primato culturale e intellettuale, decisero di collocare il David in Piazza della Signoria anziché nel Duomo, sua destinazione originaria. Sandro Botticelli, Giuliano da Sangallo, Filippino Lippi e altri maestri del secondo Quattrocento fiorentino accorsero in piazza ad ammirarlo, fra loro anche l’occhio critico e attento di Leonardo Da Vinci. Sebbene esplicito e costituente il legame tra “pietre e popolo” –Montanari. I Bronzi di Riace, il Caravaggio Napoletano, la Tomba del Tuffatore di Paestum, sono solo alcune di quelle opere, che sarebbero dovute mettersi in viaggio per mostrarsi all’ Expo2015 a Milano, come tesori di famiglia. Già la tiritera sulla fragilità fa di per sé ridere. Ma il problema serio e grave è che c’è qualcuno a cui piace vedere il patrimonio storico, appeso come capretti, teneri e succulenti al banco frigo di una qualunque macelleria. Insomma a nessuno interessa vedere quel vivido legame che è stato l’origine della cultura civica, e che fa dell’Italia un paese ricco di tante realtà cittadine, tutte autentiche e vere.
Si preferisce assoggettare l’arte all’intrattenimento, alle emozioni spicce e alle sindromi di Stendhal sfuse.
Q.de Quincy, archeologo famoso e uomo importante della Rivoluzione Francese, nel 1796 sostenne che: “strappare le opere d’arte dal contesto per il quale erano state create era un crimine contro la memoria storica. Un Raffaello uscito dal suo contesto non esprime niente, non è una reliquia( un pezzo della Santa Croce) che può comunicare “le virtù legate all’insieme”. Esporre all’Expo alcune opere, decontestualizzandole ma solo per la loro forza estetizzante, non edificherà nell’osservatore alcuna prospettiva di ricchezza intellettuale, ricerca storica o presa di coscienza ma gli farà credere che l’opera è in quanto tale e che quindi potrebbe comprare, come un vestito in vetrina, magari al mercato nero, per esporre nel proprio salone di casa. Così da componente identitaria ed emotiva di un’intera comunità a capriccio dei ricchi. L’opera perderà il suo valore teleologico, storico e culturale assumendo quello di miserabile orpello di ricchezza, inutile contenitore di polvere, alla berlina di altrettante menti impolverate.
Giovanni Negri Brusciano 26Aprile2015
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