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La stampa deriva dalla copia di una lastra d'argento che costituiva il fondo di una coppa, incisa da Annibale Carracci intorno al 1597-1599 per il cardinale Odoardo Farnese.i didascalia |
Benché l’iconografia venga spesso associata al Sileno ebbro della “Tazza Farnese” di Annibale Carracci. Se questo di Ribera sia Sileno o Dioniso non si sa con precisione, che sia ebbro questo è certo. Personalmente penso che il pingue e impudico uomo che domina la scena è Dioniso.
In un crudo realismo, solo
la presenza del vino rende armonico il convivium, benché il luogo e le facce
dei partecipanti non siano raccomandabili.
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Sileno ebbro, 1626, olio su tela, Jusepe de Ribera detto lo Spagnoletto, Museo Nazionale di Capodimonte Napoli |
Dioniso, dio del vino e
della perdizione, portatore di gioia e di sorrisi, è raffigurato nell’atto di
allungare il braccio per farsi riempiere il calice da Sileno. Quest’ultimo, divinità
minore dei boschi, figlio del dio Pan, educatore di Dioniso e possessore del dono
della divinazione, cioè la conoscenza di ciò che accade in futuro.
Sileno era solito
accompagnare Dioniso ai banchetti ai quali si recava sul dorso si un’asina,
presente anch’essa, in alto a sinistra, alquanto alticcia, con ai piedi un
giovinetto dalla fraintendibile natura.
Nell’atto di cingere la
testa a Dioniso con una corona di tralci di vite c’è Pan, dio greco dei pastori
e delle campagne, monstrum mezzo uomo mezzo caprone, con barba e corna caprine,
indossa la nebis, pelle di cerbiatto ed ai suoi piedi il bastone ricurvo,
simbolo dei pastori, di fianco una tartaruga, simbolo di pigrizia. Indicherebbe
l’ozio degli ebbri, il vivere senza affanni.
Affacciato di profilo,
in alto a destra, a scorgere l’abisso, c’è Apollo, l’altra faccia della
medaglia.
Le numerose antitesi tra:
luce e oscurità, uomo e animale, apollineo e dionisiaco, ragione e impeto sono
il senso dell’allegoria.
Lo sguardo nell’abisso
di Apollo, dio delle virtù, e dell’armonia
scorge la sregolatezza dell’ebbrezza dionisiaca.
In tale atto vi è comunque
la ragionevole conoscenza dell’altra anima dell’esistenza irrequieta e
intuitiva.
« E se tu guarderai a
lungo in un abisso anche l’abisso vorrà guardare dentro di te » - Nietzsche.
Vedere l’altro da se e dunque se stessi.