La retrospettiva con oltre 220 opere a Palazzo Reale Milano da
l’opportunità di vedere non solo le più comuni opere di Chagall ma
soprattutto ciò che l’artista è stato, per una corretta visione
d’insieme.
In lui ho subito colto la semplicità di chi ‒ è troppo semplice per non essere complicato.
Sembrerebbe un pittore naïf, che disegna ingenuamente, se non fosse stato un profeta che scriveva parabole.
Il
bisogno di esprimersi travalica ogni contingenza storica come: due
guerre mondiali, la repressione dei totalitarismi e l’appellativo di
"arte degenerata" datagli dai nazisti. Ma lui è di più, di più degli
impressionisti, dei futuristi, dei cubisti e dei surrealisti, da tutti
apprese qualcosa senza mai essere uno di loro fin quando non si fermo
per essere semplicemente Chagall.
Russo,
ebreo, innamorato di Bella, i suoi soggetti saranno sempre quelli,
raccolti in un'amalgama di colori che più di tutto esprimono il
sentimento di ciò che porta nel cuore. Perché Chagall dipinge con una
mano sul cuore e l’altra sul pennello. La sua opera è l’immagine di ciò
che si porta dentro, espressa senza nessuna costrizione, in un posto
immaginario, sulla città di Vitebsk, dove nacque, paradiso ideale e
inferno terreno.
La caduta dell’angelo 1923-33-47 è la tela summa
della sua arte, che per me è molto vicina a Guernica di Picasso 1937.
Come in Guernica, il dramma scalfisce tutti non solo chi è
rappresentato o il pittore ma anche chi osserva. Uniti in un unico
sentimento di sopraffazione.
Un
triste presagio, l’ebreo errante, il Rabbino che scappa con la Torà, la
crocifissione come sentimento sacrilego, e un angelo rosso che cade al
centro decretano la triste sconfitta per l’umanità, mentre una candela
resta accesa, alludendo ad un'ultima fragile speranza.
Perché ‒
" Hanno questo di proprio le opere di genio, che quando anche
dimostrino e facciano sentire l'inevitabile infelicità della vita,
quando anche esprimano le più terribili disperazioni, tuttavia, ad un
animo grande, che si trovi anche in uno stato di estremo abbattimento,
servono sempre di consolazione" ‒ Leopardi.
Giovanni Negri Brusciano 1.01.2015
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