martedì 31 marzo 2015

#kultura by a.K. : Sensazioni 6aprile2010

Quello stato di incompletezza, che ci uccide.
che non ci lascia liberi di muoverci, di agire, di pensare, di dormire.

Quello stato di paura,
paura che come un estasi inebria la mente e ci rende vittime di noi stessi
vivendo all'ombra del supplizio, di cui Tantalo patì.
 Quello stato di affanno, di mancanza di fiato, talmente acuta che abbiam paura di continuare a respirare,
per non peggiorare,
vivere nell’ansia tra un respiro e l’altro.
Quello stato d'essere,
esserci ma non essere presenti o essere presenti ma non riuscire a sentirsi.
Quello stato di mancanza che ci procura mancamenti
quello stato di vuoto che ci svuota, ma ci gonfia di nulla dentro.
Quello stato di acutezza pungente che intensamente si assottiglia e come un fendente nel cervello ci trafigge,
come un dolore intenso, un mal di testa perenne, un freddo lungo la schiena, gelido pungente.
Quello stato di inquietudine che ci agita ci fa delirare
ci da energia, energia deviata, ma poi ci appaga ci calma quasi ci seda, gli arti e la mente,
ci fa continuare
e ci rendiamo conto che la vita è un non vivere
o forse vivere vuol dire troppo
o forse troppo poco,
quel troppo o troppo poco con cui ognuno gioisce e va avanti
in questo stato, in questa vita,
che ci vuole tutti in piedi e poi sdraiati.
Ci ha già uccisi.
                                                                                                                                        gn

sabato 28 marzo 2015

#kultura: Roberto Carignani, Napoli (1894-1988)

Roberto Carignani, Napoli (1894-1988)
Se vi capita di chiedere di lui per Napoli troverete sicuramente qualche anziano che vi parlerà di quando incrociava i suoi occhi e l’aspetto canuto concentrato come nessun altro a scrutare l’orizzonte dell’ippodromo di Agnano dove solitamente trascorreva le giornate a giocare cavalli.
Con i quadri non si mangia, ma è la fortuna a far dolce la vita.
Roberto Carignani è un artista minore di quella che fu la scuola di Posillipo Napoletana. Nato nel 1894 fu allievo dell’accademia delle belle arti di Napoli. Vissuto fino all’ultimo in piccolo basso a Spaccanapoli perché sebbene come detto con “l’arte non si mangia” Carignani l’arte la respirava, come i colori e i pigmenti colorati che respirava sul tavolo dove pranzava o sul letto dove dormiva nella sua stanza laboratorio.
Unico pittore ad esporre in vita nel 1959 nel foyer del teatro San Carlo di Napoli.
Seppe raccontare con calibrato romanticismo la vita a Napoli, dei napoletani e del loro destino, in un’ alba di pescatori, dove il panorama di luci colorate si unisce alla fatale ricchezza del cupo mare e alla fatica composta dei pescatori che diventano evento di straordinaria ed eccezionale bellezza.
Sotto le mille sfumature di un cielo, principio di giornata, con al centro la luna che è cuore pulsante di chiunque osserva.

# kultura : Laoconte e i suoi figli

La statua fu riscoperta nel 1506 a Roma, allo scavo partecipò anche Michelangelo in persona.

L’opera si fa risalire al 40 a.c. ed è costodita nei Musei Vaticani.
La storia narra di Laocoonte, sacerdote Troiano, che scagliò una lancia contro il Cavallo di Troia per dissuadere i suoi concittadini dall’accettare il “temibile dono” .
Insomma un sacerdote che avrebbe cambiato la storia e il fato e per questo punito dagli Dei, avversi, a perire con i propri due figli Antifane e Timbreo sotto le spire di due serpenti Porcete e Caribea.
La storia è narrata anche da Virgilio nel II libro dell’ Eneide.
La statua marmorea invece viene introdotta a noi dagli scritti di Plinio il vecchio che la vide a casa di Tito, e ne attribuì la paternità a tre scultori della scuola di Rodi Agesandro, Polidoro, Atanodoro.
La potenza iconica dell’immagine ha incuriosito molti studiosi da chiedersi: ma Laocoonte grida oppure no? il suo corpo esprime morte o anche una passione diversa? oggi Laocoonte è vivo o morto?
La fisionomia del pathos non è solo di dolore.

Aretino scrittore di fine ‘400 in un dialogo tra prostitute introduce la faccia del Laocoonte per descrivere le smorfie del volto di un frate peccaminoso nel momento dell’amplesso.
Per me invece, Laocoonte non grida affatto.

Lui che voleva ribellarsi al destino urlando la verità contro il cavallo, accoglie la pena della sua irriverenza agli Dei con mistica rassegnazione.

Come un martire che muore per un sentimento più aulico e giusto, in questo caso per la verità inascoltata.
La pena non sono tanto i serpenti quanto l’onta di non essere creduto.

Il suo volto sottace la verità inascoltata. Il logos perde tutto il suo valore.

Così i due suoi figli increduli osservano il volto del padre per udir parola di salvezza che non arriverà mai. Non ci sono grida per chi ha già urlato e ormai capito verso quale sorte vanno i suoi fratelli troiani.

venerdì 20 marzo 2015

#kultura: Banksy a Napoli

Anni addietro un inserto immobiliare recitava: ” Vendesi opera di Banksy con casa attaccata “. Del più conosciuto writer sulla faccia della terra non ci è dato conoscerne la faccia.
Una forma di denuncia alla società delle apparenze? o l’ennesima conseguenza della totale sottomissione alle rigorose leggi della notorietà?
Di Banksy, come per la Gioconda, non sapremo mai chi realmente sono.
Ma possiamo immaginare cosa sarebbero stati se l’avessimo saputo,
ebbene ben poca cosa come il loro messaggio.

Del segreto che custodisce questi personaggi, ci siamo costruiti un personale feticcio di evasioni, che con il passare del tempo abbiamo continuato a nutrire di assenza fino a consolidarne in ciò tutta la loro essenza.
Banksy, un misto tra Batman e Gesù, che di notte posa, come un fascio di luce, il suo stencil sui muri della città denunciando solo ciò che tutti denunciano.
È popolare. Un predicatore moralista, troppo politically correct per essere un writer. Sine ira et studio, senza ira ne pregiudizi.
Un conformista qualunque, tutti lo amano, e ne apprezzano le opere perché non sanno qual è il suo volto.

Il suo oscillare tra notorietà e anonimato però si è bloccato a Napoli.
Dove si raggiunge il paradosso: il suo primo stencil unico autentico in città è stato coperto da un graffitaro, lasciando illibato solo il secondo stencil.
Illibato si ma poco autentico!
Cioè, non si sa se è suo o di un anonimo, ancor più anonimo di lui.
Che grattacapo per Banksy!
Che senso avrebbe questa madonna con pistola in piazza Gerolomini? Una troppo comune mammasantissima con pistola ?
Ma no, a me sembra più Maradona, sempre avvezzo ai palleggi di testa. Un Maradona che in piazza Gerolamini si concede un passaggio di testa, al volo con gli altri scugnizzi.
Eallora qual è la denuncia verso il mondo capitalistico? Chissà, per capirlo  servirebbe un pensatore comune, come per capire tutte le sue opere.
Giovanni Negri